Baccanti è una nuova opera di video arte/ video installazione dell’artista Emma Scarafiotti, che affronta il tema della violenza sulle donne, della discriminazione di genere e immaginari multispecie.
Il film Baccanti fonde coreografia, ricerca scientifica speculativa e narrative di mondi futuri proponendo una visione alternativa e radicale del femminile attraverso uno sguardo eco- transfemminista. In questo progetto, l’artista unisce le sue due principali passioni, la video-arte e la performance, dando forma a un racconto stratificato, intimo e profondamente attuale.
L’opera è concepita come una trilogia, la cui struttura richiama la suddivisione in atti tipica della tragedia classica. Il titolo si ispira all’ultima opera di Euripide e alle figure delle Menadi, seguaci del culto di Dioniso: donne selvagge, animalesche e sovversive, in aperto contrasto con i ruoli imposti dalla società ateniese. La femminilità, in questo contesto, non è più legata a stereotipi culturali o modelli imposti, ma si manifesta come forza primitiva, sensibile e ribelle, capace di resistere a un sistema antropocentrico e patriarcale fondato sul dominio e sulla violenza.
La figura centrale del film è un corpo metamorfico, un essere liminale che abita un territorio simbolico di passaggio tra specie, identità e stati di coscienza.
Alla base del progetto Baccanti vi è un’approfondita riflessione teorica e ricerca che si ispira agi scritti di diverse pensatrici femministe del nostro secolo. Nello specifico il lavoro della filosofa Donna Haraway, dalla sua proposta concettuale dell’“Octhulucene” come epoca immaginativa e alternativa all’Antropocene. In questa visione, Haraway invita a immaginare un futuro segnato da forme di coesistenza radicale e interdipendenza tra le specie, in cui l’alleanza interspecifica diventa anche una pratica femminista. Oltre ad Hawaway il film si ispira ad altri lavori di scrittrici e biologhe femministe come Federica Timeto e Lucy Cooke che vedono una forte analogia tra la liberazione animale e la lotta ai diritti di genere, basandosi su svariati esempi di femminile in natura che ribaltando le dinamiche di divisone e di pensiero maschilista.
Il film si ispira a questa prospettiva eco-critica, riconoscendo nel femminile una potenza rigenerativa e relazionale, che si oppone ai modelli culturali fondati sul dominio. L’associazione storicamente svilente tra femminile, natura e animalità viene qui rovesciata e valorizzata come base per la costruzione di nuovi immaginari e mitologie. Il corpo, attraverso la danza e la coreografia, si fa agente di trasformazione e attraversamento: uno spazio incarnato di incontro con l’alterità, dove il movimento stesso diventa linguaggio di cura, contaminazione e resistenza. Il corpo si spoglia della sua componente umana e si unisce al simbionte animale, come reazione ad un trauma.
Pertanto L’artista ha sviluppato una narrazione e una sceneggiatura coreografica incentrate sull’ibridazione tra corpo femminile e corpo animale. Attraverso sperimentazioni mirate alla decostruzione del movimento, alla ricerca del “non-umano” e alla sua deformazione, generando nuove anatomie sceniche dai gesti animaleschi a volte “perturbanti” le danzatrici incarnano corpi segnati da violenza psicologica e fisica, che rinascono dal trauma per riappropriarsi di sé: corpi quasi mostruosi, ferini, che attraversano le fasi di stasi, riscoperta, rabbia e infine rinascita di una creatura.
Il lavoro solleva interrogativi sulla biologia, l’identità e la trasformazione, e riflette sul potere sovversivo dell’ibridazione come forma di resistenza politica, poetica e corporea. In un momento storico in cui le questioni di genere si intrecciano con le urgenze ecologiche e sociali, Baccanti è un invito alla resistenza e alla salvezza, immaginando nuove mitologie in cui umano e non-umano convivano in modo interdipendente e orizzontale.