In La siepe storta, Francesco Marchini affronta il tema del paesaggio non come immagine idilliaca, ma come esito di un continuo lavoro umano: costruzione, fatica, manutenzione. L’opera nasce dal gesto artigianale e dal contatto diretto con la materia naturale — foglie, petali, terre — che diventa pittura, pelle, impronta.
La composizione, sospesa tra luce e ombra, suggerisce una linea di confine incerta, una siepe appunto “storta”, metafora di un equilibrio sempre precario tra l’uomo e la natura. Il colore caldo e terroso evoca la luce del tramonto, momento in cui la fatica del giorno si trasforma in riflessione silenziosa.
Marchini traduce così la sua esperienza professionale — la cura dei giardini, il disegno, la costruzione e la manutenzione — in linguaggio visivo, rendendo visibile il peso del tempo, l’impegno quotidiano e la poesia nascosta nei gesti del lavoro.