L’opera mette in scena un dialogo tra materia classica e struttura contemporanea. I frammenti bianchi, levigati e quasi marmorei, evocano la tradizione scultorea e la memoria del corpo umano, ora disarticolata in superfici spezzate. La griglia nera che li attraversa e li trattiene diventa al contempo vincolo e legame: un dispositivo che imprigiona, ma anche un tessuto che ricompone ciò che altrimenti resterebbe disperso.
L’artista sembra interrogare il rapporto fra fragilità e controllo, fra l’eredità del passato e le costrizioni del presente. Le parti smembrate, unite dal reticolo, suggeriscono che la nostra identità collettiva non è mai integra, ma costantemente ricostruita dentro sistemi che, pur limitando, offrono la possibilità di una nuova coesione. In questa tensione tra frammentazione e unità si genera la forza poetica dell’opera, che trasforma la lacerazione in occasione di dialogo e resistenza.