L’autoritratto non ha parole, si esprime nella silente contemplazione di Sé. Il corpo riflesso nello specchio rivela uno spazio vissuto. Il video riflette sulla fragilità dell’Essere. La geometria delle video scultura rimanda con il quadrato e alla fragilità della Terra, le 4 rose sono poste ai 4 punti cardinali come in un mandala, la piramide ribaltata esprime il vuoto e al centro una rosa rossa rimanda alla ricettività e all'esistenza; il video completa l’evocazione della fragilità insita nell’essere umano e alla sua essenza di scoperta identitaria. Avevo necessità di vedermi con l’occhio interiore, per ritrovare un senso esistenziale dopo il disincanto. Scrutarmi per aprire una rinnovata visione, al di là del velo, per rinascere. La proiezione del corpo diventa un cammino di conoscenza dell’anima. La tecnica del datamoshing scompone la figura in materia luminosa. I colori frastagliati rivelano l’ambivalenza della frammentazione interiore. L’essere frammentati, esprime il dolore della perdita della forma identitaria, ma allo stesso tempo frammentarsi, come in una tecnica di meditazione buddista, è una pratica per cercare una visione più ampia dell’essere. Il corpo, dipinto nello specchio con tecnica olografica evoca la presenza e il dissolvimento dell’”Io” nello spazio, connotandolo come “Io spaziale”. Nella dualità del riflesso rappresenta un locus amoenus e appare come “l’altro da me”, “l’altrove.” La ripresa, nel rapporto di sguardo con lo specchio e l’osservatore, pone un paradosso: la videocamera rafforza l’identità, rendendola una soglia di passaggio verso la relazione al “tu che posso essere io”. Il corpo nello lo specchio è il tocco fragile dell’anima. Uno spazio interiore che ci accomuna. Nello specchio, la figura umana si apre all’interconnessione con Sé, l’altro e l’Ambiente: l’Esserci.